mercoledì 3 agosto 2011

Dare voce al nuovo Mediterraneo


Per inaugurare il blog, ripropongo qui un mio post del marzo scorso. Mi pare ancora attuale. Aveva per titolo “Una giusta Odissea”, con riferimento all’ormai dimenticata denonimazione – “Odissea all’alba” - della missione contro la Libia di Gheddaffi.

Non credo sia (solo) il petrolio. Questa “Odissea” è cosa giusta (l’attributo “buona” lo riservo ad un ambito diverso).
Giusto impedire il ripetersi a Bengasi di una Srebrenica in riva al Mediterraneo; giusto soprattutto rintuzzare in Libia anche solo l’ eventualità di un accadimento ostinatamente contrario al senso stesso degli eventi storici di questi mesi, quale sarebbe la riconferma del Dittatore tripolino in un contesto ormai segnato dalla rivoluzione dei gelsomini.
Gheddafi se ne deve andare: al di là dei contorsionismi diplomatici – in particolare del nostro inguardabile governo – la sorte del Rais è ben chiara a tutti gli attori in campo. In primis al motore effettuale di tutta la pur tardiva decisione d’intervento, quel Barack Obama che oggi è in Brasile (lui sa ben cogliere dove spira il vento della storia); lo scatenarsi delle aspirazioni legittime dei popoli nordafricani ha avuto il suo prologo sapiente nello storico discorso del Cairo nel 2009.
Un Nordafrica di popoli liberi, donne e uomini giovani e mediaticamente acculturati, finalmente presenti ai blocchi di partenza della marcia – senz’altro irta di ostacoli – verso sistemi democratici compiuti.
Democrazia e islam non solo possono, ma devono imparare a convivere, contaminandosi reciprocamente con benefici effetti; poiché uno degli esiti più importanti di questo processo storico sarebbe senz’altro quello di imprimere all’Islam una svolta intrinsecamente liberale, come può essere proprio della sua natura plurale, ricca, sfaccettata e autenticamente religiosa : altro che la trascorsa delega in bianco ai c.d. “paesi arabi moderati”, tutte dittature pluridecennali, tutte in pieno tsunami.
                                    
Solo la democrazia garantisce nel tempo un sano e condiviso sviluppo economico (la Cina è l’ultima perversa eccezione novecentesca: India e appunto Brasile son lì a indicare il cammino); solo la democrazia ha visto nel tempo l’attenuarsi dei fondamentalismi (ir)religiosi, in Occidente nei secoli passati così come nell’odierna globalizzazione.
Ci vuole coraggio e rispetto, per tessere certe tele epocali; ci vogliono interpreti all’altezza del compito.
L’Europa dovrà affrettarsi a gettar via la rancida macedonia dei suoi Stati-nazione e collocarsi sulla scena globale con più alte ambizioni: l’intervento unito in Libia è un inizio, ma può esserne anche la pietra tombale.

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